Buona Scuola senz’Arte: promesse evaporate

Roma. Sembrava cosa fatta, fin dal prossimo anno scolastico. Il Governo lo aveva annunciato ufficialmente, più volte. A gennaio il ministro Franceschini affermava trionfalmente: «Studiare Giotto è come studiare Dante. Per questo la Storia dell’Arte tornerà nella scuola in maniera importante». Soddisfatti allora, anche se ancora diffidenti, gli insegnanti: «Speriamo che non facciano papocchi: ci aspettiamo che per reintegro si intendano i laureati in Storia dell’Arte, molti dei quali hanno perso il lavoro con la riforma Gelmini», dichiarava Irene Baldriga, presidente dell’Anisa, l’Associazione nazionale insegnanti di Storia dell’Arte (in tutto circa 1.500).

Era il grande ritorno della materia quasi eliminata, tra unanimi proteste, dalla riforma del 2010. I dubbi però sono nati il 20 maggio: mentre alla Camera si discute sulla «Buona Scuola» e cresce la protesta nel Paese, esce un comunicato «tranquillizzante» ma assai generico firmato dal ministro Franceschini: «Ritorna l’insegnamento della Storia dell’Arte. Un passo deciso verso la piena integrazione fra scuola e cultura per rendere i nostri giovani dei cittadini pienamente consapevoli del proprio patrimonio artistico. Sono certo che il Senato confermerà queste norme». Passano poche ore e le perplessità si trasformano in cocente delusione fissata in un durissimo documento sindacale dell’Anisa, sempre del 20 maggio, mentre alla Camera continua la votazione sul decreto. «Le dichiarazioni del Mibact sul ritorno a scuola della materia non trova riscontro nel testo del Disegno di Legge “Buona Scuola”: di fatto non sono neppure in discussione misure di reintegro delle ore di storia dell’arte eliminate dalla Gelmini”. Insomma, afferma l’Anisa, la disciplina avrebbe dovuto, secondo le promesse del governo Renzi, ritornare nei programmi sia nel biennio di tutti gli indirizzi, compresi quelli tecnici e professionali dai quali è stata cancellata, sia nel biennio del Liceo classico dal quale è sparita insieme con la sperimentazione. «Incredibile, inaccettabile, tutto resta come prima, compresa la forte riduzione della materia al Liceo scientifico e in tutti gli indirizzi della scuola secondaria superiore». Dure le parole di Irene Baldriga che denuncia: il Governo ha fatto marcia indietro sugli impegni presi, «confermati a più riprese ma di fatto evaporati nella fase di stesura del disegno di legge». In realtà nella prima versione della «Buona Scuola» la Storia dell’Arte era stata inserita nei programmi degli istituti professionali e «in tutti i livelli dei Licei, a partire dal biennio”. Ma molto è evaporato nella fase di stesura del disegno di legge, nella cui prima versione si invitavano le scuole a incoraggiare il «potenziamento delle competenze nell’arte» (art.2. comma 3, lettera c). Poi, con gli emendamenti approvati in Commissione Cultura, gli obiettivi generici sono diventati «obiettivi formativi prioritari» e la vaghissima parola «arte» si è trasformata in «Storia dell’Arte, con particolare attenzione ai temi del patrimonio artistico culturale e ambientale». Nessun riferimento, in ogni caso, a un reintegro effettivo della disciplina in termini di ore di lezione all’interno dei quadri orari nei 5mila istituti scolastici del Paese. Storia dell’Arte addio? «Non ci arrendiamo all’idea che i nostri giovani siano ancora privati della conoscenza e dell’amore necessari a custodire il nostro patrimonio artistico, dice Baldriga e promette: Non ci fermiamo, lo abbiamo scritto anche al presidente Mattarella: non si può infliggere una nuova ferita alla scuola e a una disciplina che appartiene alla nostra identità nazionale. La Storia dell’Arte è l’arma per tutelare la dignità stessa della scuola». A meno di un ripensamento, sembra proprio che anche con la «Buona Scuola», in un Paese già agli ultimi posti in Europa per l’istruzione nonostante il record mondiale dei siti Unesco (50), i suoi 3.400 musei e i 2.100 parchi e aree archeologiche, abbiamo detto addio all’insegnamento della Storia dell’Arte. Se i motivi sono legati al risparmio, l’ex presidente dell’università di Harvard, Derek Bok, ironizza: «Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate l’ignoranza».